lunedì 14 ottobre 2013

"Mi hanno detto dei tuoi viaggi, mi hanno detto che stai male... "

Tutto questo merita un post. 

(Sottofondo || Si clicca)

Un post fin troppo personale. Devo toglierci un po' di logica in modo tale da non sbandierare troppo le mie piccole cagatine giornaliere

Il voyeurismo di qualche blogger sconosciuto non verrà soddisfatto fino alla fine, sorry, ma chi sa capirà dove voglio andare a parare con il seguente flusso di coscienza alla Joyce. 


Mi hai chiamato e mi sono avvicinata. 
Secondo alcune malelingue non avrei dovuto.

Mi sembra di averti lasciato lì per anni. Vedo polvere sulle braccia.

Non hai mai perso la tua aria un po' arrogante e ferita. Ti sei legato al dito tante di quelle cose da farle sanguinare e sporcare la tua camicia. No, aspetta... ieri avevi qualcosa di simile a una camicia sporca ... 
Completamente scuro.
Ho notato che la tua pelle continua a mostrare prepotentemente quel bagliore mortifero che tanto mi ha fatta innamorare. Sono uscita dalla trappola fatata circa 3 anni fa ...
Ieri volevi rinvitarmi ad entrare? Se l'hai fatto ti ho ignorato e mi sono goduta la parte migliore di te.

In tre ore le Pall Mall sgraffignate dal comodino di tua madre erano già belle che finite.
Vedi? 
Ritorno anche ai vizi per causa tua. 
Eppure questa volta so di essere io il pericolo, e non tu per me. E' un ruolo che ho sempre voluto vestire, accarezzare, ma raramente ho avuto l'occasione di prendere lo stiletto del carnefice e punzecchiarti dove so.
Sono stata anche buona, solo perché me lo hai chiesto, perché sei riuscito a non sgarrare per circa tre ore e un quarto. 
E soprattutto perché stavi già sanguinando a causa dei mali che ti hanno portato a invocarmi a gran voce.

Io ho ordinato la mia Guinness, tu la solita bionda ... era una Bass, vero?
Non hai risparmiato commenti anche sulla scelta della mia birra.
"Ecco uno dei motivi per cui ti ho lasciato" ti ho detto.
Tu hai provato a ridere e siamo passati al riassunto degli anni non passati insieme. Inevitabilmente abbiamo parlato di quel sentimento che tanto fa bollire il cuore del popolino, e, ahimè, anche il nostro. 
Ti ho chiesto di lei e tu mi hai chiesto di loro.
Tempesta da entrambe le parti. Tempesta che ha colpito anche la serenità di quel dialogo.
Siamo passati a consigli musicali. Hai riattivato la tua superbia e io ti ho mostrato quanta poca paura mi fa.

Poi quella frase.
Porca puttana, ma dovevi proprio?!
Proprio verso il finale!
La nebbia si era fatta più densa. Un biancastro che avrebbe voluto nascondermi dalla verità che avrebbe rovinato il trucco pesante che avevo quella sera. 
Mi sembrava di essere tornata a Waterford, ma senza i miei amici. 
Solo con te e quella frase.
Qualcosa in sospeso, mi hai detto.
Qualcosa in sospeso, ti ha detto.
Non per me ... mi dispiace ...
Avrei tanto voluto, ma no. Non posso prendere la rincorsa e rincontrarti nel mio letto e nel mio cuore. 
Puoi essere dall'altro lato del tavolo di un pub, assieme a Jack, Van e magari Bagassia, ma non puoi più vedermi accompagnata solo dalla nebbia o dal sole. 
Mi hai chiesto se provavo gelosia.
Ti ho detto di no.
Ho visto delusione.
Orgoglio spezzato? 
Probabile.

Allora ti saluto. 
Tengo le distanze anche nell'abbracciarti, ponendo le braccia sul mio petto come una gabbia.
Lo sappiamo benissimo che ci rivedremo, ma ora sai che mai e poi mai ti guarderò ancora come Neve.
Ricordi? Lei non poteva stargli accanto. Io non voglio starti accanto.
Ci sarò quando mi chiamerai, ma sempre con quaranta centimetri di distanza.
Quaranta centimetri che mi aiuteranno a non sciogliermi, che mi lasceranno nel mio inverno siberiano e non lo uniranno mai con il tuo.
Ci chiamiamo amici? Massì, perché no.
Nessun rancore, my dear. 
Nessun conto da pagare.
Almeno per me.



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