lunedì 30 settembre 2013

Lolita (al vocativo)

Oggi ho scoperto un blog carico carico di argomenti e sproloqui vari.
Ovviamente il mio caro amico CI (Complesso d'Inferiorità) si è fatto trovare sotto la mia scrivania, è entrato nelle mie dita dei piedi, ha percorso le gambe, l'inguine e lo stomaco, fino a bussare alla porta del mio cervello.
"Oh-oh ancora lei! Ma prego entri!"

Sospetto che Cervello e CI abbiano una relazione da troppo tempo -.- fedifraghi!

Dicevamo ...
CI si è impossessato (ancora) del mio corpo e mi ha fatto sentire la solita ameba incapace.
Però, per la prima volta dopo mille anni di autoflagellazione con cilicio e cocci sotto le ginocchia, mi sono detta "Forse forse dovrei cominciare a parlare di qualche argomento che non sia solo legato alle mie paturnie". 

Così Svet si svegliò!

Fra i post del blog, ce n'è uno dedicato a Lolita. 
La MIA Lolita!

Quando l'ho letto un senso di possesso ha cominciato a germogliare nel mio stomaco. Ho sempre saputo (ovviamente) di non essere l'unica persona al mondo ad aver letto il libro e visto i film più e più volte, però mi sono sentita un po' tradita, non so esattamente perché: è stato come sgamare il proprio compagno a letto con la prima squinzia del quartiere.
Perché?! Come hai potuto?! 
Bando ai vaneggiamenti, volevo parlarvi di Lolita (ma davvero?!).
 
-Sottofondo-

Il suo nome è apparso nelle mie mani quando avevo 13 anni.
Atttenti, non sto parlando ancora del libro, ma del nome. Nello studio del mio babbo ci sono millanta volumi di un'enciclopedia spessa, rossa e polverosa. Uno di questi volumi è dedicato alle trame di libri e film. Cercavo nuove letture, dato che all'epoca ero in piena Harry Potter-dipendenza e mi sarebbe piaciuto disintossicarmi un pochino.
Il nome Lolita era nella mia testa da un po', ma lo associavo superficialmente alla figura della ragazzina leggera, frivola e capricciosa. Quando mi sono imbattuta nella trama del libro la prima cosa che notai fu un altro nome... più pieno, più spigoloso, più russo di "Lolita": 
Vladimir Nabokov. Penso "E' slavo... cacchio è slavo! Devo leggerlo! Non può tradirmi, non può non essere meraviglioso!". 

Passarono altri due anni prima del nostro vero incontro.

Paradossalmente fu la sorella Rottermeier (la maggiore, la più tediosa, ansiosa e tutto ciò di negativo che finisce con iosa) a comprarmelo, (fortunatamente) ignara del suo contenuto. Sapeva solo che lo desideravo tanto. 


Così l'incontro con le prime famose parole...

 Lolitaluce della mia vitafuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.

Penso: "Esiste qualcosa di più lacerante? Se già dalla prima pagina sento un tizzone arroventato nello stomaco, che gira e gira e gira, non credo che riuscirò ad arrivare viva alla fine del libro"
Quella prima dichiarazione d'amore, sembrava una dichiarazione indirizzata alla mia persona; forse una sensazione dettata dal mio ego che ogni tanto faceva capolino, o magari mi piaceva pensare che almeno un pezzo delle parole avrebbero potuto amarmi con così tanta dolorosa passione.
Lo finii in circa 2 settimane, troppo tempo per me, all'epoca, divoratrice di grossi mattoni fantasy pieni di nomi e avvenimenti abilmente intrecciati. Ma volevo viverlo, volevo sentirlo sotto la pelle e volevo essere lei.

Lolita, mio peccato.


Avevo 15 anni, non avevo ancora ricevuto un bacio, le mie mani conoscevano solo quelle della mia amiconzola storica Mimi (tutt'ora sono le mani che conosco meglio) e non avevano mai toccato con affetto o passione quelle di un altro ragazzo. 
Però sentivo già quel desiderio profondo di essere amata da qualcuno, di cercare le sue attenzioni, di flirtare selvaggiamente e forse provocare senza pietà. Ma erano desideri troppo grandi, chiassosi e lontani da realizzare. Io ero la piccola ragazzina senza sapore e senza sesso, che girava per il liceo-ultra-fighetto nel suo maglione largo con i Distillers e i Franz Ferdinand nelle orecchie e le borchie sui polsi. Ero quella strana, che i ragazzi a  volte snobbavano a volte consideravano come una buona amica, ma mai avrebbero osato invitarla fuori. 
Lolita provocava, sorrideva, si dondolava nei suoi vestitini frou-frou e schiudeva maliziosamente le labbra, il tutto con una grazia disarmante. La perfetta famme-fatale in miniatura. Io non ero assolutamente capace di tutto ciò ... ma avrei voluto esserlo ...
Eppure anche lei non era mai stata amata.
E quì l'immedesimazione divenne totale.

Entrambe alla ricerca di qualcuno che poteva apprezzarci ed amarci senza secondi lerci fini. La sentivo amica. Volevo prenderla per mano, confidarmi con lei, magari piangere dopo un pomeriggio d'inverno riempito di discorsi depressi, condito con the al gelsomino e biscotti.

Lo e io siamo in contatto tutt'ora, ma come due amiche a distanza: parliamo saltuariamente ricordando i momenti belli passati insieme e valutando ciò che abbiamo imparato l'una dall'altra durante la nostra amicizia; ma viviamo tutto in sordina, perché ormai il suo compito è finito. Ha provato ad insegnarmi le sue arti, ma riesco ad utilizzarle occasionalmente, nelle mie rare fasi di autostima livello 8 (i livelli vanno da 1 a 10). Rimane l'affetto, rimane l'amore per le parole che l'hanno descritta, rimane il ricordo di una grande compagna immaginaria.

Forse vi aspettavate una recensione tecnica riguardo l'opera di Nabokov, ma sarebbe come privarmi di tutti i sentimenti. 

Quando parlo di lei devo parlare della mia amica Lolita e non del libro "Lolita".

Maledetti amici immaginari!





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